Il piano aziendale al 2030 prevede forti tagli e un ulteriore ampliamento dei processi di integrazione di intelligenza artificiale
Allison Kirby, CEO del colosso britannico delle telecomunicazioni BT, ha annunciato in un’intervista al Financial Times che i progressi dell’AI potrebbero comportare importanti tagli al personale dell’azienda da lei diretta. Kirby si aggiunge così ad una folta lista di dirigenti aziendali che negli ultimi mesi hanno messo in guardia dall’impatto che l’AI può avere sul mondo del lavoro.
L’intenzione di BT, nell’ambito di un’iniziativa di riduzione dei costi risalente al 2023, è quella di tagliare fino a 55.000 posti di lavoro entro il 2030. “A seconda di ciò che impareremo dall’intelligenza artificiale BT potrebbe avere l’opportunità di diventare ancora più piccola entro la fine del decennio” ha affermato Kirby.
Negli ultimi anni l’azienda si è fortemente aperta nei confronti dell’integrazione di processi di AI per rivoluzionare radicalmente alcune sue pratiche come ad esempio il servizio clienti, le operazioni di vendita e supporto e la divisione di reti mobili.
L’esempio di BT è solo un tassello di una più ampia fase di trasformazione del mercato del lavoro, volta ad incrementare l’utilizzo di sistemi di AI nella produzione. Diverse realtà però di recente hanno attenuato questa crescita riconoscendo i forti pericoli che tali processi potrebbero comportare.
Su questo tema è intervenuto in maniera schietta il CEO di Anthropic Dario Amodei, sottolineando il rischio che la metà dei posti di lavoro di impiegati nei prossimi 5 anni possano essere cancellati dall’intelligenza artificiale. “Noi, in quanto produttori di questa tecnologia, abbiamo il dovere e l’obbligo di essere onesti su ciò che ci aspetta. Non credo che questo sia un obiettivo che le persone si aspettano” ha affermato Amodei in un’intervista ad Axios.